• perchè mangio vegetale

    Buon anno!

    Voglio aprire il 2022 con una foto, una ricetta e una riflessione.

    Inizio raccontando che durante le vacanze natalizie, sono stata con la mia famiglia in Liguria per un paio di giorni e, tra le varie cose che abbiamo mangiato, c’era l’ottima torta salta con le erbette che si vede in foto. A casa la faccio spesso, anche perché  è comoda come cibo d’asporto a scuola e al lavoro. La ricetta la trovate in coda all’articolo.

    Devo dire che non ho mai grandi difficoltà nel reperire cibi vegetali -anche per pranzi al sacco- quando viaggiamo.

    Capita però, ancora, che io avverta persone attorno a me in qualche modo a disagio con le mie scelte alimentari e spesso mi viene chiesto quale radice abbia questa scelta.

    Ho deciso di condividere qui la risposta che solitamente fornisco a chi mi chiede, perché penso sia importante riflettere sulle molte e differenti motivazioni che spingono a compiere una scelta, come quella alimentare.

    Io scelgo di avere una alimentazione a base vegetale per una questione di benessere ad ampio spettro: il mio benessere psico-fisico e il benessere ambientale.

    Mangiare vegetale è una scelta notevolmente più sostenibile del mangiare cibo di origine animale.

    Cerco di porre attenzione anche alle quantità di cibo acquistato, cucinato e consumato: nell’era della globalizzazione in tanti abbiamo la fortuna di potere accedere ad ogni tipo di prodotto e spesso mangiamo più di quanto ci serva (guardiamo ad esempio alle numerose malattie causate dalla sovranutrizione). Anche questa è una scelta di benessere personale e ambientale, poiché il ciclo produttivo ha sempre un costo ambientale, più o meno elevato.

    Non è il mio caso ma, scegliere l’opzione vegetale, per alcuni significa rinunciare ad alcuni sapori piacevoli, anche se, la cucina vegetale, in quanto a gusto, sapori e possibilità, non ha nulla da invidiare a quella animale, anzi, l’alimentazione vegetale comporta sempre maggiori vantaggi, da parecchi punti di vista.

    Io poi, provo ad essere il più possibile equilibrata, evitando la rigidità mentale, a causa della quale, una scelta può trasformarsi in una prigione fatta di cibi concepiti come proibiti, eccezioni, sgarri e sensi di colpa. 

    Cerco di fare ogni giorno scelte consapevoli in base alla direzione che voglio seguire e provo sempre a ricordarmi che la consapevolezza è un cammino e che mettere un piede davanti all’altro con gli occhi bendati è pericoloso.

    P.s. Il mese di gennaio è, da qualche anno, dedicato al Veganuary (Vegan January, ovvero gennaio vegano), una iniziativa nata nel 2014, che ha come obiettivo quello di fare avvicinare sempre più persone all’alimentazione vegetale. 

    In rete, anche con #veganuary, si trovano tantissime ricette veg.

    TORTA SALATA ALLE ERBETTE

    Per la sfoglia:

    100 gr di esubero di pasta madre

    200 gr di farina integrale di grano (se non avete la pasta madre, fate 300 gr di farina integrale o tipo2)

    1 pz di sale marino integrale

    1 cucchiaino di olio evo

    Acqua qb

    Unire gli ingredienti fino a formare una palla soda e soffice (proprio come il sederino di un neonato!) da stendere con il mattarello e bucherellare il fondo con i rebbi di una forchetta.

    Per il ripieno:

    150 ml acqua uniti a 75 gr farina di ceci, ben amalgamati e messi a riposare per almeno due ore (si può anche preparare il giorno prima e lasciare in frigorifero a riposare)

    1 cipolla grande tagliata a mezzaluna

    erbette a volotà, lavate e tagliate a striscioline

    2-3 pomodorini essiccati tagliati a pezzetti

    1-2 cucchiai di olio evo

    2 pizzichi di sale marino integrale

    scaldare l’olio in una padella sufficientemente grande, rosolare la cipolla con un pizzico di sale e un goccio di acqua. Inserire qualche aroma a piacere e le erbette. Saltare per qualche minuto e fare freddare.

    Unire alle erbette la pastella e i pomodorini. Mescolare molto bene in modo da amalgamare gli ingredienti.

    Distribuire il ripieno sulla sfoglia, richiudere i bordi. Infornare a 180 gradi per 30/40 minuti (a seconda del forno).

  • mindful eating

    Quante volte mangiamo senza avere realmente fame ma solo perché è l’ora della pausa oppure arriviamo al momento del pasto affamatissimi e, aprendo la dispensa, trangugiamo le prime cose che troviamo, senza troppo fermarci a pensare!

    Altre volte invece mangiamo seguendo -più o meno consapevolmente- alcune regole, idee e giudizi (a volte pre-giudizi) che ci siamo fatti sul cibo e che hanno larga influenza sul nostro modo di alimentarci per tutto l’arco della nostra vita. Spesso queste credenze si sono create in seno alla famiglia di provenienza.

    Quando trangugiamo il cibo senza pensare, assaporare, restare in contatto con il nostro sentire, spesso non avvertiamo i segnali di sazietà che ci manda il nostro corpo e mangiamo molto più di ciò che realmente ci serve. 

    In questi casi si può parlare di vera e propria alimentazione inconsapevole e oggi è un approccio al nutrimento molto diffuso.

    Le motivazioni che ci celano dietro questo modo di alimentarsi, sono svariate: 

    • noia o tristezza
    • stati di agitazione
    • insoddisfazione…

    ma potrei andare avanti ancora.

    Spesso dunque mangiamo non per nutrire il nostro corpo, ma per consolarci dal punto di vista emotivo o per passare il tempo. 

    Questo spesso comporta un rapporto negativo con l’idea che abbiamo del nostro corpo e una visione distorta del principio del nutrimento.

    I ritmi e lo stile di vita frenetici dentro i quali siamo oggi risucchiati, non facilitano il rimanere connessi con il nostro sentire: la vita sedentaria, la facilità di accesso a cibi al alto impatto calorico e glicemico, con molti ingredienti raffinati, la frenesia con la quale dobbiamo convivere sotto ogni aspetto delle nostre vite, l’ansia della performance… 

    Le pratiche di alimentazione consapevole, MINDFUL EATING, sono in grado di offrirci una  valida alternativa per disattivare questa modalità di approccio al cibo.

    Mangiare con consapevolezza ci permette di riscoprire la cura e l’attenzione per noi stessi, ci consente di esperire il momento del pasto in maniera del tutto diversa, di sentire realmente il sapore di ciò che mangiamo e di essere pienamente soddisfatti, di avvertire il senso di sazietà e soprattutto ci rende possibile rimanere in contatto con il nostro sentire, comprendendo da dove si origina il nostro senso di fame.

    L’accettazione è uno dei fondamenti principali della mindfulness e anche per quanto riguarda il mindful eating, è un principio attraverso il quale si impara ad accettare il nostro corpo per come è, nel momento presente. Solo accettandoci possiamo amarci e amare il nostro corpo significa stabilire una relazione positiva che ci permetterà di innescare un circolo virtuoso in grado di stimolarci a fare il meglio per noi stessi, quindi a mangiare in maniera consapevole con ricadute positive sulla gestione del peso, dell’autostima e del rapporto con il cibo e con la nostra persona in generale.

    Come fare dunque per iniziare ad alimentarsi in modo più consapevole?

    Innanzitutto bisogna dire che avere a che fare con il cibo, offre molte occasioni di attenta osservazione: un alimento prima di arrivare sulla nostra tavola, viene acquistato, lavato, tenuto in mano, tagliato, preparato, cucinato…

    Vediamo come muovere i primi passi:

    • innanzitutto possiamo iniziare ad organizzarci provando a programmare un menù settimanale di base. Mettendo nero su bianco abbiamo la possibilità di riflettere sulle nostre abitudini alimentari.
    • Il secondo passo può essere la spesa consapevole in base al nostro menù. Prendersi del tempo per leggere le etichette degli alimenti che acquistiamo abitualmente è una ottima abitudine per verificare ciò che realmente mettiamo in tavola ed eventualmente è una buona occasione per cercare delle alternative, magari affidandosi a qualche professionista che ci possa meglio indirizzare.
    • Mentre prepariamo il pasto, soffermiamoci con grande concentrazione a toccare le superfici, a saggiare le consistenze, annusare odori, guardare i colori.
    • Una volta a tavola, prima di mangiare, osserviamo ciò che abbiamo nel piatto, recuperiamo il contatto con noi stessi e il nostro corpo, cerchiamo di capire dove ha origine la nostra fame. Desideriamo cogliere questo cibo e in quale misura? Che pensieri ci suscita sederci a tavola davanti al cibo?
    • Osserviamo il cibo nel piatto: da dove viene? Ha preso sole, pioggia, vento? Che strada a fatto per arrivare fino a noi?
    • Iniziamo a mangiare, prestando attenzione al gusto e alla consistenza del cibo in bocca.   Prestiamo attenzione ai messaggi di corpo e mente, soprattutto al senso di sazietà.
    • In ultimo è importante prestare attenzione alle sensazioni fisiche e mentali nelle ore che seguono il pasto. Come ci sentiamo? Questa operazione è interessante per riflettere sul nostro modo di alimentarci.

    Certo è necessario fare pratica e nel tempo sarà possibile leggere molto meglio le sensazioni e a rimanere in contatto con il corpo.

    Un approccio mindful al cibo, guidato da un professionista, è sicuramente la modalità migliore per imparare ad alimentarsi in maniera consapevole, ma già seguendo questi principi si può giungere ad una maggiore chiarezza e contatto con se stessi.

    Respirate e provate.

  • mindfuness e la mia esperienza

    La parola mindfulness deriva dall’inglese e significa letteralmente “consapevolezza”, è la pratica del prestare attenzione, che ci aiuta a capire dove o a cosa è rivolta la nostra attenzione e ci insegna a scegliere dove dirigerla.

    Secondo la definizione di Jon Kabat-Zinn, pioniere di questa disciplina, nonché scienziato e teorico del protocollo medico MBSR (MIndfulness Based Stress Reduction), mindfulness significa “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante”.

    Si tratta di pratiche, esercizi, che prendono ispirazione dalla meditazione classica buddista ma legati ad un contesto di vita quotidiana. L’obiettivo è imparare a mettersi in relazione con se stessi (disagi compresi) e il mondo intorno, in maniera diversa, positiva, imparando a guardarli ed accettarli per ciò che realmente sono, per potere vivere ogni giorno con pienezza, senza stress e ansie.

    L’applicazione più diffusa della mindfulness è legata all’area medica e clinica psicoterapica: il fondatore dell’uso clinico e moderno di questa pratica, Jon Kabat-Zinn, era infatti professore di medicina presso la University of Massachusetts e il suo approccio è fondato nelle ragioni della scienza, tanto che in base ai suoi principi e pratiche, sono stati ideati dei protocolli medici per la cura di svariate patologie, come: il programma di Riduzione dello Stress Basato sulla Mindfulness (RSBM) di Kabat-Zinn (1990) e la Terapia Cognitiva Basata sulla Mindfulness (TCBM) di Segal, Williams e Teasdale (2002). In ambito delle dipendenze, da sostanze, come anche i disturbi alimentari, spesso i medici ricorrono ai protocolli basati sulla mindfulness.

    Oggi però questa pratica è uscita dagli ospedali e dalle cliniche e viene insegnata anche in altri contesti, più vicini alla nostra vita quotidiana e sempre con gli obiettivi di migliorare la relazione con se stessi e il proprio mondo.

    La mindfulness è caratterizzata da due componenti legate tra loro: 

    • la capacità di dirigere l’attenzione al momento presente (autoregolazione dell’attenzione)
    • La disposizione con cui lo si fa (curiosità, apertura e accettazione).

    Questi elementi rendono possibile alla persona di relazionarsi in una maniera “mindful” alle proprie esperienze (con consapevolezza, accoglienza e accettazione). La mindfulness viene infatti anche detta “modalità dell’essere” o del “non fare” per la caratteristica del vivere tutto ciò che viene senza fare niente per cambiarlo, mandarlo via o per trattenerlo, ma lasciandolo essere e lasciandolo scorrere.

    Il che però non significa rassegnarsi, diventare pigri o passivi davanti agli accadimenti della vita, al contrario, significa imparare a decidere e distinguere con lucidità e condurre la nostra vita davvero dove desideriamo.

    Ho iniziato ad interessarmi alla mindfulness anni fa, quando la mia bambina era piccola ed ho cercato una modalità per incanalare la grande energia che aveva, soprattutto alla sera, che l’agitava parecchio e spesso la distoglieva dal fare quotidiano, dal prestare attenzione alle sue piccole ma impegnative attività, con conseguenti frustrazioni, incomprensioni ecc..

    Così mi sono informata e ho acquistato un libro (Calmo e attento come una ranocchia, ed.Red), con una parte di spiegazione teorica e un cd con le esercitazioni pratiche, divise per età. 

    Abbiamo iniziato le nostre pratiche e, per tanto tempo, è rimasta una tra le attività preferite di mia figlia, prima di andare a dormire e la valutazione dei risultati è stata decisamente positiva.

    Successivamente ho deciso di formarmi io stessa e diventare “Facilitatrice di mindfulness”, per potere guidare altre persone nella pratica. 

    Un aspetto che mi ha colpito di questa disciplina è la sua estrema semplicità, sia nell’apprenderla che nell’insegnarla.

    Ad oggi è una tecnica che utilizzo molto nelle mie consulenze e nelle esperienze in natura, con adulti e bambini, per attivare e favorire una connessione con se stessi e con il mondo che ci circonda, che sia ancora più profonda. 

    La pratica della mindfulness mi ha portato in poco tempo, tra le altre cose, ad una profonda lucidità di pensiero, ad una facilità nell’esprimermi e trovare le parole giuste, nonché nel riuscire a regolare i miei stati interiori. 

    La mia pratica è quotidiana, e questo è un aspetto fondamentale per avere benefici costanti, ma la cosa positiva è che è un “allenamento prêt à porter”: infatti posso dedicarmi agli esercizi a casa, mentre mi lavo i denti, mentre sono in treno, insomma ovunque e anche per pochi minuti alla volta.

    I benefici si sentono davvero in poco tempo, ma non bisogna avere fretta perché ogni giorno che passa, guadagno un pezzetto in più e mi accorgo che più pratico, più mi rendo conto che tante cose sono molto più semplici da affrontare e i risultati decisamente migliori.

  • Disordine da Deficit di Natura

    Ultimamente sto compiendo studi e ricerche sull’educazione naturale tout court e c’è un termine che continuo ad incontrare in testi, tesi, interviste: “natur deficit disorder”, ovvero disturbo da mancanza di natura.

    È un’espressione coniata da un giornalista e studioso americano -Richard Louv-: non si tratta di una vera e propria patologia (perlomeno nessuna in particolare), ma di un’alienazione dell’essere umano dal mondo naturale.

    L’idea del  disturbo da deficit di natura nasce dunque dall’evidenza che gli esseri umani, in particolar modo i bambini -soprattutto del mondo cosiddetto “civilizzato”- stanno spendendo sempre meno tempo all’aria aperta, sono sempre più oberati di impegni ed esposti senza troppi discrimini ad alte dosi di tecnologia.

    La convinzione è che questo cambiamento si traduca in una vasta gamma di problemi comportamentali (anche se, come detto sopra, non è riconosciuto all’interno  dei manuali di medicina come disturbo mentale).  

    Tra le cause di questo disturbo, figurano: i timori parentali (paura dell’adulto che i figli possano farsi male o ammalarsi a causa dello “stare all’’aperto”), l’accesso limitato ad aree naturali e il richiamo di dispositivi elettronici.

    Gli studi non sono ancora molti ma l’argomento sta destando sempre più interesse tra medici e studiosi, soprattutto di recente (spero che gli ultimi accadimenti a tema coronavirus abbiano fornito un’ulteriore dose motivazionale). 

    Uno studio dell’Università dell’Illinois, per esempio, mette in relazione l’integrazione in natura dei bimbi con sintomi di ADD (disturbo da deficit di attenzione) e la riduzione degli stessi.

    Secondo le indagini di Richard Louv e altri ricercatori, i bambini cresciuti con mancanza di contatto con la natura, sono più propensi a sviluppare disturbi di attenzione, depressione e obesità.

    Io sono profondamente convinta che la natura abbia un potere terapeutico ma in realtà non è una mia semplice convinzione e gli studi in merito si stanno moltiplicando anche qui in occidente. La cucina macrobiotica e tutta la medicina tradizionale cinese e orientale in genere, sono un grande esempio della terapia attraverso la natura: il cibo, elemento naturale, ha un potere altamente curativo, e questo lo sappiamo da secoli. 

    Ciò che ci stanno dicendo questi studiosi, però, va oltre la porta della cucina: va in giardino, nel bosco, nei prati, nel fiume e nel mare, tra fiori e alberi. È qui che l’uomo trova tutto ciò che gli è necessario per vivere in armonia e se questo contatto con l’elemento naturale gli viene sottratto tanto a lungo, la logica e naturale conseguenza è uno squilibrio psico-fisico.

    Il fine ultimo della filosofia macrobiotica è la creazione di individui consapevoli, realizzati, pacifici, liberi e felici. In grado di accettare le avversità della vita, di essere grati, capaci di dare e ricevere amore.

    Come immaginarsi dunque una siffatta creatura lontana dalla natura?

  • Rimettersi in Equilibrio dopo le vacanze

    Pronti a riprendere il via con energia e vigore? …Io non tanto, a dire la verità! Sono tornata dalle vacanze un po’ appesantita: dal caldo esagerato che ha fatto, dalla sedentarietà della vita da spiaggia ( che io non sopporto molto, ma è una mediazione familiare :-), da qualche pasticcio di troppo!

    Però, complice il ritorno del fresco, non mi sono abbandonata al lamento ed eccomi pronta a risorgere, come una fenice! 

    Ecco quindi cosa sto facendo.

    UN BICCHIERE DI ACQUA TIEPIDA CON UN PO’ DI SUCCO DI LIMONE alla mattina, appena sveglia. 

    Il sapore acido sostiene il fegato nel suo lavoro di metabolizzazione dei grassi, il liquido tiepido consente di fare penetrare più in profondità l’effetto della sostanza acida. 

    Utile soprattutto in questo periodo in cui il fegato comincia ad andare un po’ in letargo, e con lui la sua funzione “brucia grassi” (in inverno, si sa, un po’ di grasso ci serve per mantenerci al caldo).

    Attenzione a non protrarre a lungo nel periodo questo “rimedio” (o comunque occhio a non esagerare con le dosi) perché gli agrumi sono estremamente raffreddanti e nel momento in cui inizia davvero a rinfrescare, rischieremmo di prenderci un bel raffreddore.

    UNA BREVE PRATICA DI POSIZIONI YOGA O DI ADDOMINALI (a me la pancetta tende a venire subitissimo!!) o se ho tempo, entrambi. Giusto 10 minuti, per riattivare il corpo e rimetterlo in equilibrio, senza esagerare con l’intensità. Fare attività corporea prima della colazione pare essere più efficace dal punto di vista delle calorie bruciate.

    COLAZIONE CON CEREALI INTEGRALI E UN PO’ DI FRUTTA (meglio quella agrodolce come lamponi, ribes…)

    A pranzo RISO BASMATI INTEGRALE CON POMODORINI E CIPOLLE PRESSATI, FOGLIE VERDI IN INSALTATA, LENTICCHIE, QUALCOSA DI FERMENTATO (di solito crauti).

    Riso integrale a chicco lungo e lenticchie sono tra i cereali e i legumi che asciugano di più il corpo. I fermenti per il mio intestino che si è un po’ smarrito!!

    PER LO SPUNTINO UN PO’ DI FRUTTA NON TROPPO ZUCCHERINA.

    Prima di cena, mentre mia figlia si fa la doccia e il riso per il giorno dopo cuoce, io CAMMINO PER 30 MINUTI A 6KM/H per un totale di 3 KM. Questo su consiglio di una personal trainer, da fare 5 gg alla settimana. L’attività sportiva, oltre a tutti gli altri benefici ben noti, fa innalzare naturalmente la glicemia, così da sentirsi già appagati, senza correre il rischio di andare a cercare a tarda sera quel dolcetto di troppo!! 

    A CENA UNA ZUPPA DI MISO (clicca qui per la ricetta), UN PO’ DI VERDURA COTTA E QUALCHE LEGUME. A volte faccio una piccola piadina con crema di ceci e verdure condite con acidulato di umeboshi (parte acida e salata). Altre una ciotola di minestrone tiepido con verdure e legumi, a cui aggiungo un cucchiaino di miso e qualche goccia di limone. In tal caso non faccio anche la zuppa di miso.

    La zuppa di miso è particolarmente indicata per la cura dei problemi del tratto gastro intestinale e nei casi in cui sia necessario disintossicarsi e riequilibrare salute ed energia. E a me in questo momento è molto necessario! 

    La sera generalmete e ormai da tempo, faccio un pasto leggero e mi accorgo di dormire meglio e di svegliarmi energica!

    Sono passati solo 2-3 giorni e già i risultati si apprezzano, in quanto ad energia ritrovata e sensazione di pesantezza che mi sta invece abbandonando! 

    Come sempre uno stile di vita sano e leggero ci fa sentire bene e in pace con il mondo, pronti ad affrontare le lotte, quelle vere, di ogni giorno.

  • Mal di mare? Con la Prugna Umeboshi passa tutto!

    Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di poter fare un giro a bordo di un bel peschereccio alla volta della meravigliosa isola di Palmarola. 

    Partiti da poco noto una ragazzina (poi ho scoperto chiamarsi Maria) che a mio avviso non se la passava molto bene e dal momento che quando vedo qualcuno star poco bene non riesco ad astenermi dal provare ad aiutare, mi avvicino alla mamma e mi informo sullo stato della ragazza. 

    Mal di testa, probabilmente anche nausea, dato che soffre il mal di mare e quel giorno in effetti il mare era parecchio increspato durante la traversata.

    Io mi ero premurata di portare a bordo un paio di prugne umeboshi, dal momento che anche la mia bambina è infastidita dallo sali-scendi quando il mare è mosso; e gliene ho proposto un pezzo per Maria, spiegando di cosa si tratta.

    La signora, molto incuriosita, ha accettato e chiesto alla figlia se volesse provare, alla risposta affermativa ne ho fatto ingerire un pezzo, spiegando quali sarebbero state, di lì a poco, le fasi successive: senso di alleggerimento, diminuzione del dolore e del fastidio, qualche ruttino e infine il benessere. 

    E difatti così è stato, con gran sollievo della mamma, un bel sorriso di Maria e stupore delle persone che in barca avevano seguito l’andamento dei fatti. 

    Allora ho spiegato, a chi mi ha chiesto che cosa è la prugna umeboshi, le sue numerose proprietà che a seguire riassumo anche per voi!

    Che cosa è l’umeboshi? 

    L’umeboshi è un frutto giapponese, un misto tra una prugna e una albicocca, fermentato e pressato per molti mesi. Grazie a questi trattamenti a cui viene sottoposta, la prugna acquisisce un grande equilibrio dal punto di vista energetico (espansivo/contraente) e numerose proprietà benefiche.
    L’umeboshi ha un forte potere alcalinizzante, ed è ricca di minerali (calcio, fosforo, ferro). 

    Ha effetto antibiotico, antisettico, antiossidante. Ha effetto disintossicante, quindi soccorre polmoni, reni e fegato nel fare pulizia dalle tossine.

    Contiene alcune sostanze che favoriscono il funzionamento del fegato, dell’intestino (ottima sia per la stitichezza che per la diarrea) e che aiutano la digestione delle proteine. 

    Favorisce, aiuta e preserva tutte le azioni a carico del tratto gastrointestinale, nonché riequilibra problemi digestivi come digestione difficile, reflusso, gastrite (per l’acidità di stomaco è molto efficace tenerne in bocca il nocciolo) e ha effetto antipiretico.

    È un ottimo anti nausea , nonché utilissima per male alla testa nella parte alta e frontale del capo.

    Aiuta quando ci si sente stanchi, donando nuovo vigore. 

    Utilissima in caso di raffreddore, o di intasamento da eccessi come zuccheri e alcol.

    Insomma, una vera panacea contro un sacco di malesseri!

    Io non parto mai senza un barattolino di queste preziosissime prugne fermentate, perché sono davvero utilissime in molte occasioni! E sono sicura che inizieranno a fare parte anche del bagaglio dei miei simpaticissimi compagni di viaggio!

    E del vostro? 

  • Due parole sul Dimagrimento: fagottini depuranti con farro e orzo

    Ecco una ricetta primaverile, rinfrescante e depurante!

    L’orzo e il farro sono i cereali più adatti alla depurazione, le foglie verdi aiutano il corpo ad aprirsi e disintossicarsi, le alghe accelerano il metabolismo, il sapore piccantino della senape stimola il fegato a sciogliere il grasso accumulato e i funghi shitake, beh, ormai lo sapete, sono principi della depurazione (attenzione a chi ha la pressione bassa, perché sono molto diuretici. In questo caso usateli con parsimonia).

    In tema di depurazione ed eliminazione degli eccessi -ai miei corsi lo dico sempre- ovviamente non basta una ricetta, un rimedio. Ciò che conta è lo stile di vita in generale: è normale durante la stagione invernale mettere su un po’ di grasso per difendersi dal freddo, ma se abbiamo seguito un regime di vita tendenzialmente sano ed equilibrato, perdere il peso in eccesso in primavera sarà molto più semplice!

    E poi parliamo anche della forma fisica.
    Rimettersi in forma non significa per forza ricalcare certi modelli di magrezza che oggi ci vengono proposti come gli unici desiderabili ed accettabili, anzi, tutt’altro.

    Ognuno ha il proprio peso forma, il proprio modo di essere in salute ed è questo ciò che alla fine conta: la salute e il benessere in generale.
    Con il resto poi, bisogna fare pace ed accettarsi per quel che si è, con i propri limiti, i propri pregi e la propria storia.

    Ci sono diversi fattori che sono importanti da valutare in fase di “dimagrimento”:
    se sei uomo o donna la perdita di peso è decisamente differente
    l’età. Più si avanza con l’età, meno facile risulta la perdita del grasso in eccesso anche perché il metabolismo è più lento
    la costituzione corporea fa la differenza: se sei longilineo, sarà più facile dimagrire
    lo stile di vita degli ultimi anni è molto importante per facilitare o meno lo scioglimento del grasso in eccesso

    Quindi potete unire questa ricetta alle altre e continuare il vostro percorso, oppure, per chi ancora non ha preso una direzione ben precisa, cogliere l’opportunità di questa preparazione per iniziare il vostro viaggio a cui, con consapevolezza e libertà, deciderete di dare i vostri colori e il vostro stile!

    FAGOTTINI DEPUANTI CON FARRO E ORZO

    3 foglie grandi di insalata
    Orzo e farro cotti (4 cucchiai)
    2/3 cucchiaini di fiocchi di alga nori
    1 pezzo fungo shitake a fagottino
    1 ciuffetto crauti a fagotto
    Per la crema condimento:
    1 c purea umeboshi
    2 c senape delicata
    1 c raso miso
    Goccio di acqua

    Emulsionare gli ingredienti del condimento.

    In una ciotola riunire orzo e farro, alga, e il condimento. Amalgamare bene e lasciare insaporire.

    Intanto portiamo a bollore una pentola con dell’acqua leggermente salata. Immergiamo le foglie per qualche secondo, giusto il tempo per ammorbidirle un po’ (non buttate l’acqua! Recuperiamola poi per altre cotture della giornata).
    Estrarre le foglie e farle intiepidire ben aperte su un ripiano.

    Nel frattempo formare le palline con il ripieno, schiacciandole un po’ e andando ad adagiarle sulle foglie tiepide.
    Formare i fagotti richiudendo le foglie intorno al ripieno.

    Guarnire poi con i crauti e il fungo.

    Si può magiare già tiepido oppure riporre in frigorifero da consumare in un altro momento (estrarre dal frigorifero 15/20 minuti).

  • Dieta antinfiammatoria: perché è importante lo stile macro-mediterraneo

    I principi della dieta macrobiotica -che sono in larga parte i medesimi della dieta mediterranea- sono alla base di una strategia alimentare antinfiammatoria.

    È ciò che afferma uno studio italiano recente condotto su più di 24.000 abitanti del Molise, in cui una dieta mediterranea (cereali integrali, legumi, verdure, pesce, frutta: ovvero la base della macrobiotica) ha ottenuto una diminuzione dei parametri infiammatori (Bonaccio M., Pounis G.,Cerletti C et al: Mediterranean diet, dietary polyphenolos and low-grade infiammation: results from the moli-sani study. Br J Clin Pharmacol. 2016).

    Ma perché è così importante tenere a bada il livello infiammatorio del nostro organismo?

    Senza addentrarmi in spiegazioni mediche che non mi competono, si può ben dire che l’infiammazione è una risposta fisiologica del nostro organismo all’ingresso di agenti patogeni quali virus o batteri. Quindi questa nasce per contrastare una qualche patologia.

    Ma quando lo stato infiammatorio si fa cronico, si verifica una situazione ideale per la nascita e il mantenimento di altre patologie.
    È stato ormai accertato lo stato infiammatorio in patologie come obesità e diabete e sembra che esista una correlazione anche tra infiammazione e il cancro.

    Quindi la raccomandazione principale è di adottare una dieta a base di cereali integrali, verdure, legumi, un po’ di frutta e pesce. Evitando i cibi ad alto indice (e carico) glicemico, troppi grassi (soprattutto saturi, contenuti principalmente negli alimenti di origine animale) e tutti i cibi manipolati e industrialmente raffinati. Una moderata attività fisica aiuta a prevenire l’insorgenza di numerose patologie.

  • Mente e Corpo: come funziona la mia Terapia Alimentare

    Qualche tempo fa ho incontrato una persona interessata ad una mia consulenza. E’ una ragazza molto in gamba che si è rivolta a me perché sta attraversando un periodo difficile e il suo corpo e la sua mente hanno iniziato a darle dei messaggi che in un momento così duro non sono semplici da interpretare e accogliere.

    Abbiamo intrapreso un percorso, insieme. In principio le sue emozioni e i suoi sentimenti erano davvero forti e devastanti, la sofferenza palpabile. I disagi fisici fastidiosi e invalidanti.

    Ho studiato a fondo la situazione e ho individuato il punto da cui cominciare la risalita: il fegato.
    Ho spiegato e mostrato alla cliente (nel senso “rogersiano” del termine. Vedi Carl Rogers) il quadro generale della condizione del momento, connettendolo ad alcune probabili cause e alle conseguenze che ne sono derivate con tutte le implicazioni del caso.

    La forte irritazione tra le dita della mano, ad esempio, proprio nel punto che, secondo la medicina tradizionale cinese, corrisponde al pericardio. “Cosa c’entra il pericardio?”. Il pericardio è una membrana che avvolge il cuore e dal punto di vista della saggezza orientale, lo protegge da shock emotivi, rabbia, dolore. Il cuore non sì può ammalare e il pericardio gli fa da ammortizzatore. La condizione del fegato influisce molto sulla salute del cuore, perciò può creare sintomi anche su questo organo vitale.

    Ho individuato una terapia alimentare che calzasse il più possibile a pennello, tenendo conto della vita quotidiana della persona con i suoi impegni vari. Il tutto era complicato da una allergia al nichel sulla quale, però, ho evitato di soffermarmi, convinta che rimesso in moto il fegato anche l’allergia sarebbe migliorata. Come in effetti è stato.

    Ho rivisto la mia cliente qualche giorno fa, per fare il punto sul percorso compiuto fino ad ora (un mese circa): nonostante le circostanze non siano molto cambiate e i motivi che hanno scatenato la sofferenza e i disagi permangano, devo dire che il cambiamento è stato netto e visibile. Non solo la ragazza si sente decisamente meglio, sia dal punto di vista fisico che emozionale (è riuscita anche a superare la dipendenza da caffè!) ma ha anche trovato il coraggio di compiere alcuni passi per risolvere questioni che creavano ancor più disequilibrio.

    Il percorso non è certo terminato, ma ora la cliente ha acquisito una consapevolezza su come trovare un equilibrio psico fisico attraverso l’alimentazione e, più in generale, lo stile di vita.

    Il corpo e la mente (o corpo visibile e invisibile) sono strettamente collegati tra loro, l’uno è la reciproca manifestazione dell’altro.
    Vivere in armonia creando equilibrio tra le due parti e, più in grande, crearlo anche tra sé e il mondo che ci circonda, è il fine cui tutti dovremmo tendere, per vivere in salute e sereni. Il che non è facile, soprattutto oggigiorno, ma assolutamente non impossibile. Acquisire consapevolezza è il primo passo.

  • Educazione Alimentare: la composizione del piatto

    In armonia con il percorso professionale intrapreso molti anni fa in campo educativo, ho deciso di dare al mio lavoro di oggi sull’alimentazione un forte accento in questa direzione.

    Andando oltre le pure ricette sane e sfiziose o veloci ed equilibrate e tralasciando invece da un lato i radicalismi e dall’altro i qualunquismi alimentari, ciò che realmente mi preme è fare dell’alimentazione una questione educativa.

    Cosa intendo per educazione alimentare?

    Nel mio lavoro ho sempre agito a partire da questa importante considerazione: “l’educazione non è l’insegnamento che forgia e foggia, di sapore ottocentesco: l’educazione trae dalla persona ciò che ha da sviluppare di autentico, di proprio” e il compito di trarre, aiutare, informare la persona, spetta proprio all’educatore.

    Sia il lavoro educativo che svolgo con bambini, ragazzi e adulti in difficoltà in svariati ambiti della loro vita (scuola, lavoro, relazioni…), sia quando mi occupo di salute e alimentazione, facendo corsi e consulenze, il primo obiettivo consiste nell’instaurare una relazione di conoscenza e fiducia reciproca (unico presupposto perché ci sia e si possa far “educazione” in modo efficace), al contempo si realizza un percorso incentrato sulla prevenzione delle difficoltà in alcuni casi e in altri sull’aiutare le persone ad affrontare i propri disagi. Quando parliamo però di alimentazione, un’altra relazione fondamentale da stabilire, è tra la persona stessa e la sua storia, il suo corpo e il suo modo di nutrirsi. Io, educatrice, sono il mezzo di cui avvalersi per stabilire questa relazione.

    L’educatore alla fine, ma anche al principio, rimane sempre un po’ nell’ombra, ed è giusto così: il soggetto principale deve rimanere sempre la relazione educativa. Per questo la mia intenzione oggi è di uscire dal coro di questo recente e modaiolo voyeurismo televisivo: siamo a livelli di vera bulimia di belle facce che ci propongono piatti su piatti che, tra l’altro, spesso sono esteticamente perfetti, troppo, per essere cucinati nelle nostre cucine casalinghe.

    Di cibo oggi ne abbiamo fin sopra le orecchie. Spopola nelle trasmissioni in tv e dilaga in rete: chi è contro, chi è pro, chi non sa ma guarda, chi critica comunque, chi elogia indiscriminatamente.
    Di cibo oggi ne abbiamo troppo e ne parliamo troppo ma quanto ne sappiamo? E nelle nostre cucine o sulle nostre tavole, invece che succede?

    Non voglio dilungarmi con altre parole ma offrire un supporto semplice, pratico ed immediato -educativo- a chiunque ne sentisse la necessità. Eccomi dunque a proporre una piccola ma fondamentale idea pratica e di base per chi volesse dare il via un sano ed equilibrato modo di alimentarsi.

    Oggi osserveremo in particolare di quali quantità e qualità di cibi dovrebbe essere composto un piatto equilibrato. Più avanti ci soffermeremo anche su altri importanti aspetti del “fare ordine” nel nostro stile alimentare.

    Mangiare con ordine: la composizione del piatto.

    Cosa significa mangiare con ordine?

    • Fare 2 o 3 pasti giorno (colazione, pranzo e cena), possibilmente agli stessi orari
    • Sedersi e mangiare con calma e tranquillità (dedicare ad ogni pasto almeno 20 minuti)
    • 50-60% del piatto deve essere composto da cereali integrali, il resto da verdure
    • Una piccola porzione di legumi andrebbe consumata almeno una volta al giorno
    • Consumare una porzione di zuppa almeno una volta al giorno prima di un pasto

    Mangiare con ordine e regolarità è molto importante perché permette di utilizzare al massimo le potenzialità e i nutrimenti del cibo che mangiamo e come risultato ne avremo grandi benefici.

    Ordine e regolarità nella assunzione del cibo aiuta a regolare l’appetito evitando di incorrere negli attacchi di fame improvvisa.

    Creare ordine e regolarità nei pasti aiuta a fare ordine nella vita in generale. Anche la vita familiare, soprattutto dei bambini, trae grande profitto da questa pratica della regolarità: scandire il tempo dei pasti e della giornata con ordine infonde anche nei più piccoli un senso di sicurezza e tranquillità. Soprattutto in fase di svezzamento e per regolarizzare gli orari della nanna.

    Già questi piccoli accorgimenti portano benefici alla digestione, nonché allo stato d’animo: prendersi del tempo per sè fa bene a corpo e mente.

    Qui di seguito una rappresentazione visiva di come dovrebbe essere composto un piatto.

    Processed with Rookie Cam

    Processed with Rookie Cam

  • Perché integrare la Vitamina B12 nella dieta vegetale: una vongola nella zuppa può essere una scelta?

    Della vitamina B12 si sente spesso parlare, dal momento che una sua carenza è l’unico pericolo cui possono andare incontro le persone che seguono una dieta vegana, sia pur essa sana ed equilibrata.

    Il nostro organismo non è in grado di sintetizzare questa vitamina che deve quindi essere necessariamente introdotta con la dieta. Ne serve davvero un piccolo quantitativo (circa 2-3 mcg al giorno) che però non può mancare, pena gravi danni alla nostra salute sul lungo periodo.

    La vitamina B12 è presente in tutti i prodotti di derivazione animale: uova, latte e latticini, carne e quindi pesce ed è altresì presente nel mondo vegetale, ma quest’ultima parrebbe agire nel nostro corpo in maniera differente rispetto a quella contenuta negli alimenti di origine animale. È un argomento dibattuto e nessuno è ancora in grado di fornire una posizione univoca ed ufficiale.

    Quindi la raccomandazione rimane sempre di integrare questa importante vitamina.
    VITAMINA B12, A COSA SERVE

    Questa vitamina lavora insieme ad altre fondamentali sostanze per la formazione del DNA e dei GLOBULI ROSSI, preserva salute e buon funzionamento di SISTEMA NERVOSO e METABOLISMO.

    Una sua CARENZA può portare gravi danni al sistema nervoso, anemia e varie altre importanti patologie. Il nostro organismo ha però la capacità di immagazzinare vitamina B12, quindi prima di andare incontro a reali carenze, ci vuole un po’ di tempo, fatta eccezione però per i bambini piccoli.
    COME ASSUMERE VITAMINA B12

    Esistono in commercio integratori puri di questa vitamina o alimenti addizionati con essa, oppure, come faccio io, si può scendere ad un compromesso e mangiare una vongola a settimana. Come quella nella zuppa di miso nella foto. Questo dipende dal tipo di scelta che si è fatta. E in proposito, vorrei aggiungere una mia piccola riflessione.

    Credo sia realmente utile trovare il giusto equilibrio nelle proprie scelte: se decido di non mangiare animali perché non voglio farli soffrire, dovrò prestare prima di tutto molta attenzione al prossimo mio simile e al mondo che tutti ci sostiene.

    Vedo tante persone inorridire davanti alla povera bestia che fu la costata di manzo e poi ingurgitare zuccheri e grassi poco sostenibili per la nostra terra o maltrattare il collega o vicino di casa perché quella costata invece se la mangiano ma anche per motivi molto più futili.

    Quindi invito alla coerenza ma anche e soprattutto al giusto equilibrio,perché credo che l’incessante ricerca di essi sia l’unica via verso la pace e la felicità. Dell’uomo, della terra, di tutti gli esseri viventi.

  • Ricominciare in Leggerezza

    Durante i periodi di festa spesso si tende ad esagerare con il cibo, si fa meno movimento, si sta maggiormente in casa e magari si tende a fare più tardi la sera.

    Dopo un periodo così, il corpo può fare davvero fatica a ripartire ed ecco che le difese immunitarie si abbassano e arrivano i malanni, una grande sensazione di stanchezza e disturbi vari (gonfiori, pesantezza, mal di testa).

    Come fare dunque per ricominciare con il piede giusto?

    Diciamo che questo non è il periodo più adatto per depurare l’organismo -per farlo bisogna aspettare i cambi di stagione, momenti in cui il corpo è predisposto a rilasciare gli accumuli- ma possiamo aiutarci a mettere ordine per ripartire con leggerezza. Vediamo come.

    MOVIMENTO
    Innanzitutto cercate di ritagliarvi un po’ di tempo per svolgere alcune attività come camminare all’aria aperta (almeno 20/30 minuti al giorno) e fare degli esercizi di respirazione profonda. Lo yoga, ad esempio, è un’ottima pratica.

    Queste attività aiutano il corpo ad aprirsi e a riattivare tutta una serie di funzionalità corporee. Muovere il corpo per un periodo di tempo sufficiente significa mantenere una buona funzionalità del metabolismo, con ricadute positive sul sistema immunitario, sul controllo del peso e su molti organi vitali.
    L’attività fisica provoca anche un naturale innalzamento del livello glicemico, rende quindi naturalmente “pieni”.

    FRIZIONI
    Altra pratica importante per aiutare il corpo ad eliminare le scorie dovute agli eccessi, consiste nell’effettuare frizioni del corpo: frizionare il corpo con un panno di cotone bagnato con acqua calda e strizzato.
    Se non si ha molto tempo, limitare le frizioni a viso, mani e piedi.

    La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo ed è collegato a gran parte delle funzionalità dell’organismo.
    I benefici delle frizioni sono immediati e hanno notevoli ricadute sullo stato di salute in generale: qualità della pelle, eliminazione delle tossine, funzione respiratoria, scioglimento del grasso sottocutaneo, funzionalità dell’intestino crasso.

    RIDURRE CERTI CIBI
    Dopo grandi abbuffate può essere utile un breve periodo di riduzione di oli e cibi pesanti (come gli alimenti di origine animale). Una piccola quantità di olio a pasto è più che sufficiente.
    Evitare prodotti raffinati come zucchero e farine bianche, cercare di ridurre al minimo, se non eliminare, i prodotti da forno.

    ZUPPA DI MISO
    La panacea di tutti i mali è lei, la zuppa di miso. Scioglie gli accumuli e gli eccessi, aiuta a disintossicarsi e riequilibrare la salute. Con l’aggiunta di qualche goccia di limone, aiuta il fegato a lavorare al meglio. Da consumare all’inizio di ogni pasto. (Qui trovate la ricetta della zuppa)

    CEREALI INTEGRALI E VERDURE
    Consumare cerali integrali in chicco. Il miglio, in particolare, ha note proprietà alcalinizzanti che aiutano a contrastare l’acidità creatasi con il consumo di carni, latticini e dolciumi.
    Allo stesso scopo è utile consumare verdure, naturalmente ricche di sali minerali che eliminano l’acidità restituendo il corpo al suo stato alcalino.

  • Se il bambino è raffreddato: rimedi macrobiotici

    Naso chiuso, tosse, difficoltà respiratorie, sono sintomi molto fastidiosi anche per noi adulti. E quando ad essere raffreddati sono i nostri piccoli? Può diventare un calvario, anche notturno.

    Ma anche in questo caso la macrobiotica ci viene in aiuto, usando l’alimentazione come terapia naturale in caso di raffreddamento e, dato che a tavola ci sediamo tutti giorni, vale la pena iniziare proprio da qui.

    Innanzitutto per me rimane sempre valido il motto “prevenire è meglio che curare”, quindi quando inizia la stagione dei raffreddori e delle influenze, quando a scuola i bimbi iniziano ad ammalarsi uno via l’altro, ecco che scatta il “piano prevenzione”.

    Partiamo quindi con alcuni suggerimenti validi sia a scopo preventivo, che attuabili anche in presenza del sintomo.
    Come gran parte dei rimedi naturali, anche la terapia macrobiotica non cura semplicemente il sintomo, ma risale direttamente alla causa.
    Ecco perché in caso di irritazione delle mucose o per sostenere adeguatamente il sistema immunitario, è necessario avere un intestino efficiente e in forma. Quindi risulta molto utile equipaggiarlo di fermenti di ottima qualità, quali quelli che troviamo nella salamoia e (per i bimbi più grandi) nel miso. (Prestate sempre attenzione al fatto che i prodotti fermentati non siano pastorizzati, processo tramite il quale la maggior parte dei fermenti muore).

    Possiamo condire la pasta con delle olive in salamoia o farcire un panino con alcuni crauti, preparare qualche insalatino (qui trovate come fare), o una buona zuppa di miso (cos’è il miso? Clicca qui). Attenzione però a non inserire questi alimenti in cottura: morirebbero i fermenti, perdendo così tutti i benefici.

    Per rinforzare i polmoni invece usiamo le radici e tutti i tipi di cavoli. Perfetti quindi sedano rapa, pastinaca, daikon, carota, barbabietola, rapa, curcuma, cavolfiore, cavolo cappuccio, cavoletti di bruxelles…

    Tra i cereali prediligere il riso, che rinforza l’apparato polmonare.

    Un ulteriore consiglio per rinforzare le difese e guarire più velocemente consiste nel frizionare la pelle con un panno inumidito con acqua calda. Dedicarsi soprattutto a frizionare mani, piedi, testa, petto e schiena. Una pelle libera di respirare e di eliminare gli eccessi o le sostanze dannose, costituisce un presupposto molto importante per mantenersi in salute.

    Veniamo dunque ai “no”. Prima però è il caso di fare una precisazione: questi consigli sono utili in generale, per mantenere una buona salute secondo i principi macrobiotici, applicabili tutti i giorni e sempre validi. Ma chi è abituato a mangiare frutta e verdura cruda anche in inverno o vuole mantenere certe abitudini, può ricorrere a questi suggerimenti anche solo in caso di malanno conclamato, per poi tornare alle proprie abitudini.
    Sperimentare nuove forme di salute, anche per poco tempo, è comunque un passo avanti verso una nuova conoscenza. Sapere è importante per potere scegliere.

    Torniamo quindi ai nostri “no”: cosa non fare.

    No alla dieta pesante. Prediligere una dieta leggera con poco olio e non crudo ma solo inserito in cottura. L’olio crudo infatti ha la particolarità di raffreddare il corpo e creare muco.

    Per lo stesso motivo evitare gli alimenti crudi in generale: preferire verdure cotte, soprattutto quelle più dolci, frutta cotta ed evitare i succhi di frutta.

    No agli alimenti di origine tropicale. Quindi niente banana, ananas, cioccolato…

    Niente zuccheri raffinati che intasano e indeboliscono il corpo. Sostituire se necessario con il malto di riso, utile anche in caso di tosse secca.

    Eliminare i prodotti da forno: anche questi indeboliscono e creano muco.

    No a latte e latticini per le numerose controindicazioni ormai note, in aggiunta al fatto che aumentano la produzione di muco.
    In caso di bimbi latte dipendenti, nel momento del sintomo acuto, sospendere per qualche giorno l’assunzione di latte e derivati, provando a sostituire con bevande vegetali (soprattutto di riso). La diminuzione di muco e infiammazione sarà notevole.

    In ultimo, vorrei sottolineare come in questo articolo ho preferito concentrare l’attenzione sui rimedi per i bimbi in caso di raffreddamento, ma questi consigli sono validi per chiunque, adulto o bambino che sia; sono norme di buona salute e di cura, tramite una sana alimentazione di tipo naturale.

  • Colazione: l’ideale macrobiotico e variazioni sul tema. Muffin integrali con carote e nocciole.

    La migliore colazione, macrobioticamente parlando, è costituita da cereali integrali in chicco e verdure cotte a lungo e un po’ di grassi buoni. Il che si può tradurre con crema di riso, zuppa di verdure, qualche seme oleoso, pane a pasta acida cotto a vapore, marmellata di verdure dolci e i vari tipi di porridge.

    Questo tipo di colazione è d’obbligo per chi non sta bene e sta seguendo una terapia alimentare, mentre chi è decisamente in salute può anche variare, ogni tanto, magari con un buon muffin e una tazza di tè caldo o tisana.

    Ma vediamo nel particolare alcuni importanti ingredienti che deve contenere il piatto della colazione quando, a volte, non vogliamo o riusciamo a consumare il cereale in chicco.

    CEREALE INTEGRALE. Il cereale integrale, sotto forma di farina, è il carboidrato nel piatto della prima mattina di tanti italiani e i carboidrati sono la principale fonte di energia e non dovrebbero mai mancare ad ogni pasto.

    La farina va scelta nella sua forma integrale che conserva più nutrienti e sostanze preziose per il buon funzionamento del corpo e del relativo benessere. Parlo in particolare delle fibre che tengono pulito e in ottimo stato il nostro intestino, da cui dipende tanta della nostra salute.

    MALTO DI CEREALI. Il malto è una sostanza dall’aspetto molto simile al miele e che si ottiene cuocendo un cereale (solitamente riso o orzo) e aggiungendovi successivamente gli enzimi prodotti dall’orzo germogliato.

    Il prodotto finale è un ottimo dolcificante composto per il 60% da maltosio, molto digeribile, ricco di vitamine e minerali del cereale integrale e soprattutto il malto è un alimento che non provoca “picchi glicemici”. Usando il malto non si corre quindi il rischio, già dopo un paio di ore dalla colazione, di avere di nuovo fame, incappando in quei peccati di gola che poi disturbano salute e linea.

    Quello della questione glicemica, è un discorso molto interessante che ha notevoli ricadute sulla salute a breve e lungo termine, sull’attenzione e l’energia durante la nostra giornata. Anche per questo motivo sarà un argomento che approfondirò in un prossimo articolo; per ora mi limito a segnalare che per una buona salute è più opportuno scegliere tra i malti il nostro dolcificante abituale, a posto di zuccheri vari, che siano essi bianchi, di canna, grezzi e via dicendo. O, laddove la preparazione la consente, meglio ancora albicocche e prugne essiccate.

    Ma il malto non l’unica soluzione per dolcificare. Si può usare il succo di mela, frutta disidratata come albicocche o prugne secche. Solitamente, quando mi occupo delle consulenze, indico l’utilizzo del malto solo come passaggio per arrivare al dolce più equilibrato del succo di mela e frutta disidratata. Ma per chi ancora non può farne a meno, il malto è una buona soluzione.

    Il malto che uso più di frequente è quello di riso, che rispetto a quello d’orzo, ha un sapore più delicato, che non interferisce con il gusto tipico del dolce che prepariamo.

    OLIO. L’olio vegetale è la forma nella quale la pianta immagazzina riserve di energia, quindi è facile dedurre che ogni sua stilla sia un concentrato di pura vitalità. I grassi forniscono energia per svolgere il lavoro fisico ed è quindi importante disporre di una piccola quota di grassi (che non siano quelli saturi) già dalla mattina.

    L’olio ricco di grassi monoinsaturi (0 semplicemente insaturi) è quello più stabile, cioè degenera meno facilmente, senza il rischio di formare radicali liberi nel corpo, ed ha un punto di fumo più alto (intorno ai 200°). Il punto di fumo è la temperatura a cui un grasso se riscaldato incomincia a rilasciare sostanze volatili tossiche e cancerogene.

    Da questo punto di vista l’olio migliore è quello di oliva, da scegliere nella sua forma extra vergine e preferibilmente biologico.

    Ottima fonte di olio e di grassi buoni (ma anche di altri preziosi nutrienti), sono i semi oleaginosi: noci, nocciole, semi di zucca, pinoli, semi di sesamo e tanti altri. A colazione sono l’ideale e offrono anche una piacevole croccantezza che personalmente apprezzo molto e soprattutto rallentano la velocità di assorbimento degli zuccheri, evitando i picchi di glicemia tanto dannosi e fastidiosi.

     

    Arriviamo quindi alla ricetta dei MUFFIN INTEGRALI CON CAROTE E NOCCIOLE.

    250 g farina integrale di farro

    70 g nocciole tritate finemente

    1 carota grande sbucciata e grattugiata (con le mezze lunette più piccole)

    1 bustina di lievito naturale

    40 ml olio evo

    170 g malto di riso (o 4 albicocche secche frullate con un pezzo di mela o pera e un goccio di succo di mela)

    1 pz sale marino integrale

    1 cucchiaio di aceto di mele

    succo di mela qb

    Riunire gli ingredienti secchi in una ciotola e mescolare, quelli liquidi (tranne il succo di mela) in altra ciotola mischiandoli.

    A questo punto unire le due parti e mescolare.

    Aggiungere il succo di mela poco alla volta finché il composto diventa cremoso ma non troppo liquido.

    Mettere l’impasto negli stampini (fino a tre quarti della loro altezza) e infornare a 200° per 10 minuti, poi abbassare a 180° per i restanti 15 20 minuti.

     

     

     

     

  • Proteine tra mito, scienza e cultura. Il Ragù dell’orto.

    Pare che se sei vegano (e anche vegetariano), sportivo, genitore, salutista ma anche niente di tutto ciò, quando si parla di cibo, esista una parola che va per la maggiore: “PROTEINE”. E la domanda che spesso mi viene posta in merito è “ma le proteine, da dove le prendi?”.

    Studiando, nel tempo, ho capito che questa ossessione per le proteine, non è affatto una moda del momento, ma è un timore che affonda le sue radici tra miti, scienza e cultura.
    Basti pensare che quando nel 1839 il chimico olandese Gerard Mulder scoprì questo composto, decise di chiamarlo “proteina” che dal greco proteios, significa “di primaria importanza”.

    In passato, ma ancora adesso, dicendo proteina dicevi carne e fin dai primi del ‘900 si era affermato il pensiero che l’uomo civilizzato fosse colui che consumava proteine in abbondanza, ovvero molta carne, che, dati i costi elevati, non tutti si potevano permettere.
    Quindi i ricchi mangiavano carne (la gotta era infatti la malattia dei ricchi), mentre i poveri cibi di origine vegetale.

    Le proteine rappresentano una componente vitale per l’uomo: servono infatti per costruire la struttura del corpo, non a caso usiamo definirle i “mattoni della vita”.

    Le proteine sono costituite da migliaia di amminoacidi che formano lunghe catene; si degradano con regolarità e devono quindi essere sostituite. È questo il motivo per cui si devono consumare regolarmente cibi contenenti proteine.

    Contrariamente a quanto si pensava nel passato, il fabbisogno giornaliero di proteine è stato fissato intorno al 12% delle calorie consumate (ma altri studi parlano del 6%), presupponendo che un uomo ne debba consumare 3000 e una donna 2300.
    Facendo questo calcolo teniamo presente che proteine e carboidrati forniscono 4 calorie per grammo, mentre i grassi per ogni grammo forniscono 9 calorie.

    Detto questo parrebbe quindi che, stando alla pura scienza, sarebbe sufficiente introdurre questo 12% di proteine per stare tranquilli, indipendentemente dal fatto che esse siano di origine animale o vegetale.
    E invece no.

    Esiste un vasto ed importante studio condotto da Colin Campbell, scienziato di fama internazionale, sulla correlazione tra l’assunzione di un’alta percentuale di proteine (e le percentuali non indicano, se ve lo siete chiesto, delle dosi che ad oggi nessuno raggiunge, tutt’altro) e l’insorgenza del cancro al fegato, in cui si dice: “la domanda logica successiva era se le proteine vegetali, testate nello stesso modo, avessero il medesimo effetto della caseina (proteina contenuta nel latte) sulla promozione del cancro. La risposta fu un sorprendente no. In questi esperimenti le proteine vegetali non promuovevano la crescita del cancro, neppure se assunte in dosi elevate.”(“The Cina Study” di Campbell).

    Non voglio dilungarmi su questo seppur interessantissimo argomento, inerente la correlazione tra abuso di proteine (di origine animale) e insorgenza di forme cancerogene; per questo rimando al testo citato e altri numerosi studi ad oggi consultabili. (Spero però di avere messo una pulce nell’orecchio di qualcuno).
    Ma un dato per me estremamente importante, emerso da queste approfondite ricerche, è come la manipolazione o variazione nutrizionale possa innescare o disinnescare il cancro. Quindi il ruolo che l’alimentazione ha nell’insorgenza di certe importanti malattie (si pensi poi addirittura al ruolo che riveste nei riguardi di malattie “minori”).

    Vorrei quindi riprendere il discorso partendo dalla domanda: “e dove le prendiamo queste proteine?”.

    In realtà il mondo vegetale ne è pieno e mangiando calorie a sufficienza a coprire il nostro fabbisogno, si avranno le proteine necessarie e vitali. Questo a patto che i cibi ingeriti non siano principalmente prodotti totalmente raffinati, ma siano il più vicino possibile alla loro forma integrale.

    Parliamo di numeri:
    tra i CEREALI, abbiamo SEGALE, GRANO SARACENO, FARINA DI AVENA, MIGLIO, ORZO che hanno un contenuto proteico che va dall’11 al 18%, (ma anche nel RISO, sebbene in minore quantità, sono presenti proteine)
    tra i LEGUMI, abbiamo TOFU, FAGIOLI, LENTICCHIE, PISELLI, CECI che contengono alte percentuali di proteine (dal 23 al 43%)
    tra le VERDURE, abbiamo SPINACI, VERZE, BROCCOLI, CIME DI RAPA, CAVOLFIORI, FUNGHI, PREZZEMOLO con un contenuto proteico che sta tra il 34 e il 49%

    E questo solo per fare alcuni esempi. Anche tra frutta e semi oleosi troviamo molte fonti di proteine.

    In ultimo vorrei ricordare come in un mondo “civilizzato”, in cui ormai il problema è la sovrabbondanza, sia impossibile parlare di carenze in generale, che siano di proteine di calcio o di sostanze similari.
    Quindi importante è tenersi sempre informati, essere curiosi e non spaventarsi davanti ad un pediatra che ci terrorizza con i suoi 500 cc di latte vaccino e il suo calcio o davanti al palestrato che ci parla di proteine e il kg di costata di manzo!

    Essere consapevoli è un importante e considerevole vantaggio. Sul pediatra, sul palestrato e sulle malattie.

    TAGLIOLINI FRESCHI E INTEGRALI AL RAGÙ DELL’ORTO

    250 gr lenticchie secche
    1 pezzetto di alga kombu
    1 foglia di alloro
    1 cipolla media
    1 carota piccola
    Olio evo q.b.
    Sale marino integrale q.b.
    Acqua

    Riscaldare una pentola con acqua e portarla a bollore, nel frattempo pulite cipolla e carota, tagliandole a piccoli dadini.

    Saldare in padella un paio di cucchiai di olio e versarvi la cipolla, lasciarla rosolare, aggiungere qualche granello di sale (per farne fuoriuscire l’acqua) e, una volta asciugato il liquido, sfumare la cipolla con un filo di acqua. Evaporata l’acqua, unire le carote e i soliti granelli di sale.

    Dopo avere un po’ rosolato cipolla e carota, aggiungere le lenticchie, mescolare e inserire l’acqua bollente, un po’ alla volta, come fosse un risotto, fino a cottura ultimata. Quando ci si fa l’occhio con le quantità, si può mettere l’acqua una volta sola.

    Una volta pronto il ragù, cuocere la pasta preferita (se integrale è molto meglio) tenendo da parte un goccio di acqua di cottura, dovesse risultare poi il piatto troppo asciutto (che con la pasta integrale capita perché assorbe più liquido).

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